Quando si parla della Campania, sono molteplici gli elementi che vengono in mente per descriverla al meglio.
Si parte dai numerosi monumenti appartenenti ad ogni epoca storica, si prosegue con gli scavi di Pompei ed Ercolano e si termina con il Vesuvio, in un tour di straordinaria bellezza che in un solo territorio riesce a convogliare così tanti spunti a seconda del gusto e dell’inclinazione personale.
L’aspetto che però certamente accomuna e mette tutti d’accordo è quello enogastronomico, poiché parliamo di una cucina unica nel suo genere, che con ogni pietanza convince anche i palati più esigenti.
Il cavallo di battaglia della regione non possono che essere i dolci tradizionali, che nel corso del tempo sono rimasti del tutto inalterati perché già perfetti nella loro ricetta antica.
Parliamo di mostri sacri che vengono esportati in tutto il mondo, la maggior parte delle volte in versione originale, mentre in altre subiscono una piccola rivisitazione per avvicinarli alla modernità.
In questo articolo vedremo nel dettaglio quali sono le delizie più apprezzate, risalenti a diversi secoli fa ma ancora oggi fiore all’occhiello del territorio.
Si tratta di un tripudio di dolcezza caratterizzato da materie prime di grande qualità, che provengono dalla terra e riescono a donare un sapore eccezionale ai dessert proposti in tavola.
Numerose sono le pasticcerie all’interno delle quali è possibile sedersi e assaporare un dolce realizzato come la ricetta originaria richiede, respirando finalmente la vera essenza della regione e la sua anima dolce e allo stesso tempo avvolgente.
Se desiderate riprodurre a casa un pranzo che richiami in modo diretto questa terra, non dovrete fare altro che scegliere tra queste varianti quella che per gusto e ingredienti vi attira maggiormente, o in alternativa proporre un variegato buffet che raccolga al suo interno tutti questi sapori eccezionali.
Buon viaggio all’interno della pasticceria campana e dei suoi misteriosi e affascinanti segreti!
La pastiera napoletana
Il primo dolce che viene in mente quando si parla della Campania è certamente la pastiera napoletana, tipica del suo capoluogo di provincia e portata in tavola soprattutto nel corso del periodo pasquale.
L’aspetto è quello di una crostata ricca di farcitura, che prevede al suo interno della ricotta fresca proveniente dal territorio, del latte bollito e soprattutto delle piccole scorze di arancia candita, che donano un sapore agrumato e fresco all’intera composizione.
La base è una frolla morbida e friabile, aromatizzata al limone, che si scioglie in bocca e rilascia tutto il proprio gusto.
Il segreto della buona riuscita del dessert consiste nella scelta di ottime materie prime ma, allo stesso tempo, in una cottura eseguita a regola d’arte, che renda dorata la parte esterna senza asciugare troppo l’interno o bruciare la base.
Per trovare l’origine di questo delizioso dolce, è necessario arretrare addirittura fino all’epoca greca e romana, quando era usanza prepararlo per celebrare importanti ricorrenze.
La leggenda, tuttavia, è ancora più suggestiva e inserisce la figura della sirena Partenope, che aveva scelto come sua dimora privilegiata il golfo di Napoli.
Grazie alla sua voce melodiosa e alle canzoni che era in grado di intonare, si era guadagnata il favore degli abitanti del posto, che per celebrarla le portavano alcuni degli alimenti più tipici del territorio.
In primo luogo la farina, emblema di ricchezza, poi la ricotta che rappresentava l’abbondanza, il grano cotto nel latte come segno dell’unione tra animali e piante, le uova, che richiamano la fertilità e la riproduzione, e infine gli agrumi, simbolo del territorio e profumo d’eccellenza della Campania.
Nonostante fosse improbabile che questo tipo di frutti fosse diffuso sul posto in epoca antica, la storia appare comunque intrigante e suggestiva e rende questo dolce misterioso e affascinante.
Il sapore è sicuramente rimasto inalterato nel tempo, con tutte le note speziate che donano freschezza e rendono il periodo pasquale goloso e ricco di tradizione.
Il babà
Se nel mondo si parla di dolci campani, il babà è certamente uno dei primi a balzare alla mente.
Con la sua tipica forma e la bagna al rum, è un dessert unico nel suo genere, che più essere imbevuto in maniera più o meno consistente a seconda se si preferisce una versione più o meno alcolica.
È entrato ufficialmente a fare parte sia della piccola sia della grande pasticceria, poiché viene realizzato in formato mignon ma anche in una versione decisamente più grande, talvolta rivisitata con l’aggiunta di qualche crema particolare.
La sua origine è piuttosto controversa e, se avrete modo di ascoltare la storia da un abitante locale, vi troverete a sorridere pensando che uno dei piatti più celebri di Napoli in realtà ha visto i suoi natali in Francia.
La figura alla quale fare riferimento è infatti Stanislao Leszczyński, re della Polonia che per una serie di sfortunati eventi si trovava in esilio proprio sul territorio d’oltralpe.
Ebbe in quel contesto l’intuizione di rendere una pasta in sostanza molto asciutta e spugnosa al palato più morbida e semplice da deglutire, aggiungendo un sapore gradevole di alcol, rifacendosi a un tipico dolce alsaziano chiamato kugelhopf.
Il sovrano, che probabilmente non possedeva solo un’attitudine al comando ma anche alla cucina, pensò di migliorare la ricetta aggiungendo un’ulteriore lievitazione e trasformando il tutto in uno dei dessert più apprezzati a livello mondiale.
Seppure con l’aggiunta di altre spezie che poi nella versione napoletana sono andate perse, l’uomo ribattezzò il prototipo della versione da noi conosciuta Ali Babà, dal celebre personaggio del libro Le mille e una notte.
La notizia giunse ben presto alle orecchie della figlia Maria, che contemporaneamente si era trasferita a Versailles perché sposa del sovrano, che diffuse la creazione a corte riscontrando come ottenesse il parere favorevole di tutti coloro che avevano modo di assaggiarla.
Se la domanda che vi state per porre è come sia giunto a Napoli, la risposta risiede nella nota figura di Maria Antonietta, sposa di Luigi XVI e cognata di Ferdinando IV di Borbone, all’epoca reggente in Campania.
Fu proprio in questo modo che il nostro babà è giunto sulle tavole prima degli abitanti della regione, poi dell’intera penisola e infine del mondo, eliminando la componente agrumata e assumendo la tipica forma a cupola che lo caratterizza.
Sedendovi in una delle note pasticcerie della capitale partenopea, lasciatevi ammaliare da un sapore intenso e unico nel suo genere, che saprà conquistare il vostro palato e lasciare un ricordo eccezionale della vostra vacanza.
La sfogliatella
Chi di noi non ha mai avuto modo di mangiare una golosa sfogliatella napoletana di piccole, medie o grandi dimensioni?
Calda e appena sfornata è una vera e propria delizia per le papille gustative, soprattutto se mangiata appena sfornata, quando la crema fuoriesce a ogni morso.
Si tratta di un dolce che si presta ad essere gustato in ogni occasione, dalla colazione ai pasti principali, passando per una merenda sana ma allo stesso tempo golosa.
La regione è decisamente orgogliosa di proporre due differenti versioni del piatto, una chiamata frolla e una riccia.
La prima presenta una superficie liscia e lucida, come se si trattasse di un lievitato dolce ripieno di ricotta, crema pasticcera o chantilly a seconda del gusto personale.
La seconda, invece, propone una sfogliatura su tutta la parte superiore ed è decisamente più fragrante in bocca.
Qualsiasi sia la versione che preferiate, in formato mignon o più abbondante parliamo di un pasticcino che non può mancare all’interno di una composizione, anche perché ultimamente è possibile trovarne numerose rivisitazioni che contengono crema al pistacchio o al cioccolato, per una variante gustosa e adatta a ogni genere di gusto.
L’origine di questa pasta così nota nel mondo affonda le sue radici diversi secoli fa, precisamente nel 1600 nel territorio della Costiera Amalfitana, che ha dato origine a molti dei dolci tipici della Campania.
Ci troviamo in particolare all’interno del Convento di Santa Rosa, dove la vita scorreva tranquilla e le monache creavano nuove ricette per tenersi impegnate oltre la preghiera.
La nascita della sfogliatella si deve a una sorella di nome Clotilde, che trovò degli avanzi di semola bagnata nel latte che, per non sprecare, pensò di unire alla frutta secca, alla ricotta e al liquore al limone.
La sua composizione venne in breve tempo ribattezzata Santa Rosa e venne offerta al popolo, creando ilarità grazie alla tipica forma del cappuccio del monaco.
Ci vollero però altri 200 anni prima che l’oste Pasquale Pintauro decise di trasformare la propria trattoria in via Toledo in una vera e propria pasticceria, proponendo la sfogliatella come dessert simbolo del suo negozio.
Gli struffoli
Quando si parla di tipiche ricette natalizie, non possono non venire in mente gli struffoli colorati, delle palline in miele ormai note in tutto il mondo e dall’origine antichissima.
Sembra infatti che risalgano all’antica Grecia, poiché esiste una specialità che prende il nome di loukoumades, che ancora oggi viene cucinata sul territorio e che ricorda per dorma, consistenza e sapore i colleghi partenopei.
Come i babà, quindi, anche gli struffoli non hanno origine a Napoli ma sono stati adottati e poi esaltati da questa città.
Un’altra ipotesi altrettanto accreditata colloca i loro natali in Andalusia, perché la somiglianza con i piñonate è piuttosto evidente e soprattutto la diffusione potrebbe essersi generata durante il vicereame e la dominazione spagnola del regno.
Nel 1634 gli struffoli compaiono per la prima volta nel ricettario di Crisci, un’opera che raccoglieva alcune delle maggiore creazioni culinarie dell’epoca, anche se ancora non era attribuito alle festività natalizie.
Se desiderare preparare dei dolci che lascino il segno, ponete molta attenzione alla decorazione fatta di zuccherini colorati, così che possano donare un senso di gioia e di festa.
La delizia al limone
Terminiamo il nostro excursus dei migliori dolci campani di antica tradizione con la delizia al limone, una cupola di golosità che solo alla vista fa venire l’acquolina in bocca.
I suoi sentori di agrumi proiettano immediatamente nella dimensione della costiera, come se vi trovaste in riva al mare con un cucchiaino in mano e un’esplosione di sapore in bocca.
La ricetta originale prevede una bagna al limoncello e una copertura a base di crema di limone solidificata, che creano un ottimo contrasto a livello di consistenze e non solo di sapori.
La parte superiore può essere decorata nella maniera che si preferisce, aggiungendo ad esempio dei ciuffetti di panna o delle fragole fresche.
L’origine si deve al pasticcere Carmine Marzuillo di Sorrento, ma l’utilizzo del limone e del limoncello all’interno dei dolci affonda le proprie radici molto indietro nel passato, poiché si tratta di prodotti tipici della costiera.